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Io sorrido tu sorridi, Valentina Edizioni, Milano

L'impegno duraturo con Interplast
Ogni missione di Interplast Italy ha colori, suoni, profumi, immagini e storie uguali eppure tutte diverse. I colori sono quelli dei paesi in cui l'associazione si reca a donare la propria opera e di solito sono sempre luoghi molto colorati, gialli, rossi e viola. Sono i vestiti della gente, sono le bandiere nell'aria, sono i colori dei cieli. I suoni sono tanti, sono quelli del rumore delle casse all'aeroporto, le casse che contengono bisturi, cerotti, fili da sutura, medi-cine, anestetici, antibiotici e poi giocattoli e vestiti. Sono quelli dei suoni locali, delle grida per i monti, lo stridere delle porte degli ospedali e il grazie sommesso dei parenti dei pazienti, le risa di sfogo, il cigolio dei mezzi di tra-sporto. I profumi sono i fiori nei prati, sono l'odore di capra dentro i vestiti dei pazienti, sono il pollo arrostito allo spiedo e l'aroma del caffè tra un intervento e l'altro, il profumo del freddo il mattino presto e la sera tardi quando arriva pungente. E poi ci sono gli occhi, gli occhi dei pazienti e dei parenti. Occhi dolci, spalancati, lacrime, risa, camminate claudicanti, mani e sguardi imploranti. I pazienti dovrebbero essere tutti uguali ma non è cosi. Ci si innamora di qualcuno a cui inevitabilmente si fa una carezza in più. E anche loro, i pazienti, scelgono in quale braccia cercare rifugio. [...] in questa spedizione immortalata dalle foto di Carlo Orsi credo che un bambino sia stato per tutti "il bambino" della missione. Gluck andava a spasso per le montagne con il padre, quando uno yak lo prese di mira e gli trapassò con un corno la guancia da una parte all'altra. Sangue, brandelli di nervi scoperti, di pelle a pezzi, un buco nero. Qualcuno parlò a loro dell'équipe medica e il bambino venne portato all'ospedale a braccia. Lo squarcio era veramente enorme e ci volle molto tempo per operarlo ma alla fine si riuscì a salvarlo [...]. Carlo Orsi andò con lui, seguì il suo viaggio di ritorno a casa, attraverso le mandrie di yak, sicuramente anche quello che lo aveva incornato e vide la gioia della famiglia e degli amici e il loro semplice e umile modo di vivere. E così, ogni mattina, quando la sveglia suona alle sei e fa freddo e non hai voglia di alzarti e ti lavi in un bagno freddo e poco pulito e poi ti vesti a strati e ti fiondi a fare colazione per tirarti su e poi strascichi i piedi fino all'ospedale e devi farti largo tra la gente che ti cerca e implora e poi via uno dopo l'altro i sandwiches e il caffè, le coccole, le medicine, bocche che non possono nutrirsi e sono così tanti che vorresti non andare mai a letto e arriva la sera e crolli nel letto distrutto ma pacato nel pensiero di quante vite hai cambiato e resti con il peso di quante sai ne lascerai ancora in bilico.
(Renata Prevost, in Io sorrido tu sorridi, Valentina Edizioni, Milano 2006)
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