Da un'intervista a Carlo Orsi di Federico Sardella, 2008
FS Da alcuni anni, seguendo gli spostamenti dei medici che operano all'interno del progetto Interplast Italy, una organizzazione che interviene nei paesi in via di sviluppo i cui volontari, specializzati in chirurgia plastica ricostruttiva, intervengono a sanare gravi malformazioni, ustioni, tumori e traumi del volto di ogni tipo, documenti attraverso le tue fotografie il loro lavoro. Ebbene, osservando queste immagini cosi forti e così vere, terribili alle volte, di donne, uomini e bambini mortificati non posso non pensarle in relazione a quelle che questa pubblicazione, per la prima volta, raccoglie. Immagini destinate a campagne pubblicitarie o a comparire in riviste di moda; immagini patinate e impeccabili, che subiscono una violenza, come hai sottolineato, quasi uno sfregio. Da una situazione "ideale", l'icona si sgretola, diventa maceria putrefatta di un tempo andato. Diversamente, le fotografie che realizzi per Interplast Italy narrano l'esatto contrario. Volti deturpati da malformazioni, da mutilazioni, dalla guerra, che sono destinati ad essere curati, sono colti prima e dopo gli interventi di ricostruzione.
CO Entrare nelle sale operatorie e confrontarmi con questa realtà, per me nuova, è stato durissimo. La prima volta, in Tibet, lo ricordo benissimo e fu un trauma: c'era sangue dappertutto e vedere questi bambini così segnati mi lasciava senza capacità di agire. Poi, dopo tre o quattro giorni che mi trovavo lì, sono entrato in sala operatoria, ed ho trovato quanto vedevo "normale", accettabile... Forse questo è stato dettato dal fatto che erano tre notti che non dormivo, dal desiderio di venirne fuori e di assolvere il mio compito, visto che mi trovavo lì per lavorare. Ora, non dico di essermi abituato al tutto, ci sono ancora delle operazioni che non riesco a seguire e visioni che non so affrontare.
Mi piace molto fotografare le persone prima degli interventi ed anche dopo. Mi piace accompagnarle a casa, parlare con loro, conoscere le loro famiglie... C'è, per esempio, la foto di una donna il cui volto è stato sfigurato dall'acido, gettatole addosso dal marito... ma questa è un'altra storia.
Da un'intervista a Carlo Orsi di Federico Sardella, 2008
FS Da alcuni anni, seguendo gli spostamenti dei medici che operano all'interno del progetto Interplast Italy, una organizzazione che interviene nei paesi in via di sviluppo i cui volontari, specializzati in chirurgia plastica ricostruttiva, intervengono a sanare gravi malformazioni, ustioni, tumori e traumi del volto di ogni tipo, documenti attraverso le tue fotografie il loro lavoro. Ebbene, osservando queste immagini cosi forti e così vere, terribili alle volte, di donne, uomini e bambini mortificati non posso non pensarle in relazione a quelle che questa pubblicazione, per la prima volta, raccoglie. Immagini destinate a campagne pubblicitarie o a comparire in riviste di moda; immagini patinate e impeccabili, che subiscono una violenza, come hai sottolineato, quasi uno sfregio. Da una situazione "ideale", l'icona si sgretola, diventa maceria putrefatta di un tempo andato. Diversamente, le fotografie che realizzi per Interplast Italy narrano l'esatto contrario. Volti deturpati da malformazioni, da mutilazioni, dalla guerra, che sono destinati ad essere curati, sono colti prima e dopo gli interventi di ricostruzione.
CO Entrare nelle sale operatorie e confrontarmi con questa realtà, per me nuova, è stato durissimo. La prima volta, in Tibet, lo ricordo benissimo e fu un trauma: c'era sangue dappertutto e vedere questi bambini così segnati mi lasciava senza capacità di agire. Poi, dopo tre o quattro giorni che mi trovavo lì, sono entrato in sala operatoria, ed ho trovato quanto vedevo "normale", accettabile... Forse questo è stato dettato dal fatto che erano tre notti che non dormivo, dal desiderio di venirne fuori e di assolvere il mio compito, visto che mi trovavo lì per lavorare. Ora, non dico di essermi abituato al tutto, ci sono ancora delle operazioni che non riesco a seguire e visioni che non so affrontare.
Mi piace molto fotografare le persone prima degli interventi ed anche dopo. Mi piace accompagnarle a casa, parlare con loro, conoscere le loro famiglie... C'è, per esempio, la foto di una donna il cui volto è stato sfigurato dall'acido, gettatole addosso dal marito... ma questa è un'altra storia.
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